AGGIORNAMENTI
Tubazioni gas sottotraccia su balcone e' permesso?

Leggendo la UNI 7129, si nota che le modalità di installazione di una tubazione gas ammesse sono molteplici: sottotraccia, in canaletta, a vista, ecc. Tuttavia, ad una lettura più attenta, si nota che esistono alcune limitazioni. L'esempio più lampante è quello della posa sottotraccia, che, così come indicato al punto 4.5.5.10 della norma, è vietata, "...anche se con guaina, nel lato esterno dei muri perimetrali dell'edificio e delle sue pertinenze.
La frase riportata è semplice, chiara e non dà adito a freintendimenti. O almeno così parrebbe a prima vista, perché, confrontandosi con la pratica, è più che naturale prima o dopo chiedersi: è possibile posare una tubazione gas sottotraccia su un balcone all'esterno, il cui accesso è consentito ad un solo condomino?
Quanto sembrava lampante, in questo caso si complica, perché, leggendo il passo sopracitato, la risposta a questo quesito non è per nulla scontata: il balcone deve essere considerato parte del muro perimetrale? Oppure fa parte delle non meglio precisate pertinenze?
La logica suggerisce che la risposta alla prima domanda debba essere negativa: un balcone sporgente non può certo essere considerato come parte di un muro perimetrale. Per quanto riguarda il secondo dubbio è invece necessario approfondire la questione.
A livello normativo la pertinenza viene definita come "ogni locale, area o volume che è al servizio accessorio di una o più unità immobiliari e di cui costituisce una parte inscindibile."
Una definizione che, ad essere sinceri, non chiarisce del tutto la situazione, lasciando sicuramente troppo spazio all'interpretazione. Solo la nota risulta in parte chiarificatrice, sottolineando che "esempi di pertinenze sono le soffitte, le cantine, i posti auto, i terrazzi di copertura". Nessun riferimento quindi al nostro balcone, che, avendo carattersitiche ben diverse da quelle dei luoghi citati, parrebbe essere escluso dalla categoria.
A sostegno di questa interpretazione si può portare la figura C.6 della UNI 7129:2015, la quale, riportando un esempio di installazione, sembra far vedere una tubazione che, arrivando esterna in parete, passa nella caldana del balcone per poi entrare nel locale.
Tirando quindi le somme di quanto sopra esposto, si giunge alla conclusione che la posa sottotraccia sia coonsentita nel pavimento dei balconi di proprietà.
Un'affermazione che trova riscontro anche nelle linee guida n.11 redatte dal CIG "ESECUZIONE DEGLI ACCERTAMENTI DOCUMENTALI DELLA SICUREZZA DEGLI IMPIANTI DI UTENZA A GAS ai sensi della deliberazione dell'Autorità per l'Energia Elettrica il Gas 6 febbraio 2014, 40/2014/R/gas", che, pur non avendo lo stesso valore della norma, offrono comunque un più che affidabile riscontro: "La posa sottotraccia delle tubazioni è consentita esclusivamente all'interno delle unità abitative e nel pavimento dei balconi di proprietà".
Niente certificazione F-GAS niente detrazione fiscale?

Il DPR 43/2012, che attua il Regolamento CE 842/2006, impone l'obbligo di certificazione a persone ed imprese che eseguono operazioni di installazione, manutenzione, riparazione o controllo delle perdite sugli impianti contenenti f-gas. Si tratta di un obbligo di carattere ambientale, il cui obbiettivo, grazie alla formazione ed alla verifica delle competenze, è quello di prevenire inutili e dannosi dispersioni di queste sostanze nell'atmosfera, cosa che andrebbe ad aggravare ulteriormente il già preoccupante problema legato all'effetto serra ed ai conseguenti sconvolgimenti climatici.
Bisogna prenderne atto, moltissimi degli operatori del settore hanno preso quest'obbligo molto seriamente: secondo i dati pubblicati da Unioncamere-Ecocerved, al 30 giugno 2017 risultavano regolarmente certificate quasi 59.000 persone ed oltre 25.000 imprese. Molte altre imprese hanno invece scelto di percorrere una strada diversa, preferendo non perseguire la certificazione, ma scegliendo di appaltare eventuali lavori all'esterno. Due strade diverse, entrambe lecite, e che risultano più che in linea con gli obbiettivi del Regolamento.
Sfortunatamente, come spesso accade, non è però troppo difficle trovare dei furbetti che, in barba a norme e decreti, continuano ad operare nel settore senza prima aver ottenuto la relativa certificazione. Queste persone, si tratti di "dopolavoristi" o aziende vere e proprie, si trovano a competere con le altre che, per conseguire il certificato, hanno dovuto sottoporsi ad un percorso lungo ed oneroso, sia dal punto di vista burocratico che da quello economico. Una concorrenza non proprio leale e corretta.
Come frenare questo fenomeno?
Sebbene le soluzioni proposte in passato siano state molte, nessuna, per un motivo o per un altro, ha finora dato i frutti sperati. Avrà forse maggiore successo l'idea di un gruppo di parlamentari, guidati dall'On. Maria Chiara Gadda e spalleggiati da tutte le associazioni di categoria.
Negli scorsi giorni, la deputata ha infatti presentato un emendamento alla Legge di Bilancio 2018 che, se approvato, obbligherebbe chi richiede le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica (65%) e di ristrutturazione edilizia (50%) che prevedono l'installazione di apparecchiature ed impianti contenenti gas fluorurati, a dimostrare, allegando alla documentazione prevista copia del certificato aziendale f-gas della ditta che ha eseguito i lavori.
Questo renderà evidente il rispetto della legge nell'accesso ad incentivi pubblici e favorirà tutti coloro che si sono messi in regola e che devono quindi essere tutelati.
Non resta quindi che sperare nell'approvazione di questo emendamento: un gradito regalo sotto l'albero a tutti coloro che lavorano nel rispetto delle leggi e delle regole e che potranno in questo modo veder ripagata la loro scelta.
Ventilazione del sistema di scarico

La realizzazione dei sistemi di scarico delle acque in fogna o fossa biologica può apparire senza dubbio un operazione relativamente semplice, soprattutto se confrontata con l'installazione di impianti idrici, di riscaldamento o impianti a gas. Tuttavia anche in questo caso è buona norma seguire una serie di accortezze che garantiscano il buon funzionamento del sistema e che possono essere ritrovate all'interno della normativa tecnica di riferimento: la UNI EN 12056:2001.
Il documento appena menzionato descrive le buone pratiche per la realizzazione del sistema fognario, analizzando le varie architetture di quest'ultimo ed indicandone i requisiti fondamentali. Tra i vari capitoli presenti ve n'è anche uno dedicato alla ventilazione del sistema di scarico, il quale, seppur non fondamentale per il funzionamento dell'impianto, svolge un ruolo importantissimo, impedendo ai cattivi odori provenienti dalle tubazioni di "impestare" gli ambienti domestici, rendendoli a volte invivibili.
Ma cosa si intende in questo caso per ventilazione e come funziona il sistema?
Con questo termine si definisce l'installazione di canali che collegano le tubazioni di scarico all'ambiente (esterno dell'edificio) permettendo il passaggio di aria. Questo espediente si rende ncessario poiché, quando l'acqua defluisce (alla velocità di circa 10m/s) attraverso le tubazioni e verso la fogna o la fossa biologica, spinge avanti a sé l'aria presente nella colonna di scarico, creando a monte una depressione (vuoto) idrostatica ed a valle un aumento di pressione. Ecco quindi che si manifestano due fenomeni contrari, ma con conseguenze molto simili per gli utenti: il "sifonaggio per aspirazione" che si manifesta sui piani alti e il "sifonaggio per pressurizzazione" che si manifesta sui piani bassi.
Sia in un caso che nell'altro gli effetti finali sono i medesimi: lo svuotamento dei sifoni dei sanitari (in un verso o nell'altro) in particolare di quelli più deboli (ossia quelli più piccoli e posizionati più in basso tipo il bidet), il gorgogliamento dell'aria spinta attraverso i sifoni, l'ingresso nell'ambiente di cattivi odori, l'accompagnarsi di rumori nella colonna tipo cascata o gorgoglii vari.
Se invece la ventilazione è presente ed adeguatamente dimensionata, la depressione viene istantaneamente colmata da un risucchio d'aria proveniente dall'esterno, mentre eventuali sovrapressioni trovano sfogo senza passare dai sifoni degli apparecchi.
Analizzando l'architettura del sistema, la soluzione tipica e più semplice è quella di realizzare una "ventilazione primaria" prolungando la colonna di scarico sino all'esterno del tetto dell'edificio e trasformandola, di fatto, in un esalatore. Deve essere evidenziato che negli edifici alti e nelle reti di scarico molto lunghe, la sola esalazione risulta però insufficiente, in quanto non impedisce l'effetto pistone, ovvero il sifonaggio per pressurizzazione.
Per risolvere il problema si può utilizzare una "ventilazione secondaria" realizzando l'allaccio di tutti gli apparecchi sanitari con la colonna di ventilazione. Questo sistema è più complesso ed attuabile solo con colonna e apparecchi sulla stessa parete. Per questo spesso si prevede la realizzazione di una seconda colonna, detta di "ventilazione parallela", collocata vicino alla colonna di scarico e collegata a questa ad ogni piano.
Ovviamente ogni soluzione deve essere valutata attentamente in base alle dimensioni dell'impianto, all'altezza dell'edificio ed ai costi che si è disposti a sostenere. Resta il fatto che la presenza di un sistema di ventilazione resta fondamentale per poter garantire l'assenza di riflussi, odorosi o liquidi, e la salubrità degli ambienti.
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LA PROVA DI TENUTA NEGLI IMPIANTI GAS
Inutile negarlo, poter ammirare con soddisfazione la propria opera poco prima del termine, quando le tubazioni sono ormai stese e non restano che poche operazioni prima di poter pronunciare la parola fine, è uno dei motivi che sostengono gli installatori nel proseguire, nonostante le mille difficoltà, con cura e dedizione il loro lavoro. Dopo quei brevi attimi di compiacimento, arriva però uno dei momenti più critici di tutto il lavoro: la prova in pressione della tubazione.
Qualunque sia il fluido che scorre all'interno delle tubazioni appena realizzate è infatti importante verificare che non ci siano perdite, onde evitare di dover risolvere più tardi spiacevoli inconvenienti, sopportando, nel migliore dei casi, le lamentele di un cliente infuriato. E nel caso di una tubazione che trasporta gas, sia esso metano o GPL, i rischi sono ancora maggiori, trattandosi di sostanze infiammabili e, in specifiche concentrazioni, esplosive, che, in caso di incidente possono causare gravi lesioni o anche la morte di diverse persone.
Vediamo quindi, proprio nel caso di gas combustibili, come la normativa prescrive di operare. Per impianti con P<35 kW, tale prova deve essere eseguita secondo quanto descritto nella UNI 7129, per impianti di nuova realizzazione, e secondo la UNI 11137-1, per impianti pre-esistenti.
Nel primo caso la procedura da seguire è la seguente:
1) Si inseriscono dei tappi a tenuta a valle di ogni rubinetto d'utenza e a monte del punto di inizio;
2) Tramite la presa pressione si immette aria o gas fintanto che l'impianto non abbia raggiunto la pressione maggiore di 100 mbar e inferiore a 150 mbar;
3) Si attende un tempo di almeno 15 minuti necessario a stabilizzare la pressione e si effettua una prima lettura;
4) Si attendono ulteriori 5 minuti per effettuare una seconda lettura che deve rilevare una caduta di pressione non maggiore di specifici valori, a seconda della dimensione dell'impianto (0,5 mbar per volumi minori o uguali a 100 l, 0,2 mbar per volumi compresi tra 100 e 250 l, 0,1 mbar per volumi compresi tra 250 e 500 l).
Ma, come anticipato, può essere necessario eseguire una prova di tenuta anche su impianti pre-esistenti. Questo accade quando vi è un persistente odore di gas, avviene la sostituzione di un apparecchio, cambia il tipo di gas, si riattivano impianti inattivi da oltre 12 mesi. E' inoltre necessario eseguire una verifica decennale degli impianti.
In questi casi si seguono le prescrizioni della UNI 11137 che, prima di eseguire la prova di tenuta vera e propria, ammette una verifica preliminare, che si compone di una verifica con il contatore o di una verifica con la caduta di pressione. Se questa verifica ha esito positivo, non è necessario eseguire la prova di tenuta.
Nel primo caso, si ricercano eventuali perdite mediante la lettura del contatore di gas, a determinati intervalli di tempo (15 min). Questo metodo però, può essere utilizzato solo se la portata minima del contatore è minore di 1 dm3/h per gas naturale o 0,4 dm3/h per GPL.
La verifica con il metodo della caduta di pressione può invece essere eseguita solo su impianti con volume interno fino a 18 dm3(contatore escluso). Si considera accettabile una perdita di 100 Pa in 1 minuto per il gas naturale e 2,5 minuti per il GPL.
Se queste verifiche non danno esito positivo occorre eseguire la verifica di tenuta standard. Negli impianti già in funzione sono consentiti i seguenti valori di perdita:
•Perdita ≤ 1 dm3/h: tenuta idonea al funzionamento.
•1 dm3/h < Perdita ≤ 5 dm3/h: tenuta idonea al funzionamento temporaneo. È obbligatorio l'adegamento entro 30 giorni.
•Perdita > 5 dm3/h: tenuta non idonea al funzionamento. L'impianto è pericoloso e deve essere messo fuori servizio.
Sono quindi diverse le procedure da rispettare e, sicuramente, l'esecuzione di queste prove può risultare lunga, soprattutto quando, come accade oggi, i clienti hanno sempre fretta di vedere completati i lavori. Tuttavia, almeno in questo caso, è sicuramente nel loro interesse, oltre che in quello dell'installatore, farli aspettare...

PROGETTAZIONE IMPIANTI: COMPITO DEL RESPONSABILE TECNICO O DEL PROFESSIONISTA?
La realizzazione di un impianto, sia esso gas, idrico, elettrico o di climatizzazione, è alla base del lavoro di qualisasi artigiano. Ma prima della realizzazione, prima di mettersi a maneggiare tubazioni, raccordi, pinze e cacciaviti, ogni impianto deve essere progettato. Come lavorare infatti se non si ha ben chiaro quello che bisogna fare, dove bisogna rompere e dove no? Uno schema di quello che si andrà a realizzare deve quindi assolutamente essere presente, sia esso impresso su carta o nella mente dell'artigiano.
Oltre alla mera necessità pratica, ci sono poi gli obblighi di legge: "Per l'installazione, la trasformazione e l'ampliamento degli impianti posti al servizio degli edifici è redatto un progetto" (DM37/08, art.5, comma 1). E questo senza limitazioni relative a dimensioni o potenza.
Attenzione però a non freintendere quanto affermato dal decreto: sebbene il progetto sia sempre obbligatorio, non sempre e necessario rivolgersi ad un termotecnico o ad un altro professionista abilitato!
Al di sotto di determinate soglie, infatti, il progetto può essere redatto direttamente dal responsabile tecnico dell'azienda che realizza l'impianto. In questo caso esso è costituito almeno dallo schema dell'impianto da realizzare, inteso come descrizione funzionale ed effettiva dell'opera, ovvero quanto normalmente si allega alla dichiarazione di conformità che viene rilasciata al cliente. Ovviamente nulla vieta che anche in questi casi sia il termotecnico a redigere il documento.
Ma quali sono invece le soglie oltre cui è obbligatorio rivolgersi ad un professionista abilitato?
Sempre all'art.5 del DM 37/08 si specifica che tale obbligo sussiste nel caso di:
a) impianti elettrici, di protezione contro le scariche atmosferiche e per l'automazione di porte, cancelli e barriere, per tutte le utenze abitative aventi potenza impegnata superiore a 6 kw o per utenze domestiche di singole unità abitative di superficie superiore a 400 mq;
b) impianti elettrici realizzati con lampade fluorescenti a catodo freddo, collegati ad impianti elettrici per i quali è obbligatorio il progetto e in ogni caso per impianti di potenza complessiva maggiore di 1200 VA resa dagli alimentatori;
c) impianti elettrici, di protezione contro le scariche atmosferiche e per l'automazione di porte, cancelli e barriere, relativi agli immobili adibiti ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi, quando le utenze sono alimentate a tensione superiore a 1000 V, inclusa la parte in bassa tensione, o quando le utenze sono alimentate in bassa tensione aventi potenza impegnata superiore a 6 kw o qualora la superficie superi i 200 mq;
d) impianti elettrici relativi ad unità immobiliari provviste, anche solo parzialmente, di ambienti soggetti a normativa specifica del CEI, in caso di locali adibiti ad uso medico o per i quali sussista pericolo di esplosione o a maggior rischio di incendio, nonchè per gli impianti di protezione da scariche atmosferiche in edifici di volume superiore a 200 mc;
e) impianti radiotelevisivi, relativi agli impianti elettronici in genere quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione;
f) impianti di riscaldamento, climatizzazione, condizionamento e refrigerazione, dotati di canne fumarie collettive ramificate, nonchè impianti di climatizzazione per tutte le utilizzazioni aventi una potenzialità frigorifera pari o superiore a 40.000 frigorie/ora;
g) impianti del gas, relativi alla distribuzione e l'utilizzazione di gas combustibili con portata termica superiore a 50 kw o dotati di canne fumarie collettive ramificate, o impianti relativi a gas medicali per uso ospedaliero e simili, compreso lo stoccaggio;
h) impianti di protezione antincendio, se sono inseriti in un'attività soggetta al rilascio del certificato prevenzione incendi e, comunque, quando gli idranti sono in numero pari o superiore a 4 o gli apparecchi di rilevamento sono in numero pari o superiore a 10.
Prima di concludere, è bene precisare che, al di là dell'obbligo di progetto, il DM 37/08 stabilisce che comunque, a conclusione dei lavori, deve essere sempre emessa dall'installatore la dichiarazione di conformità dell'impianto, corredata dagli allegati obbligatori (tra cui il progetto), che, quando previsto, andrà inviata all'ufficio preposto del comune dovo sono stati eseguiti i lavori.